La nostra epoca ci ha abituato alla forsennata ricerca del benessere, alla ricerca di una felicità plastificata del tutto qui ora e subito. Siamo cresciuti nell’idea che la nostra vita dipendesse dal possesso, dall’ansia di accumulare ricchezza, del molto nella mani di pochi, dall’apparire, sollecitando l’egoismo, l’arrivismo, l’individualismo più crudele in ciascuno di noi, dando in pasto troppa nostra umanità a divinità inconsistenti e vacue.
E’ stato sufficiente un essere embrionale come un virus, invisibile all’occhio, ad azzerare la nostra società a farci tornare a una dimensione forse inconsueta per le nuove generazioni, ma certamente patrimonio culturale e umano di quegli Uomini e Donne – nonni, nonne, madri e padri – che sono risultate più fragili e indifese agli attacchi di questa terribile malattia.
La nostra bella Italia ha perso una intera generazione di persone depositarie della nostra storia, di quello che siamo stati e che non dovremo mai dimenticare di essere stati.
Questa pandemia ci ha imposto l’isolamento, la solitudine, ci ha imposto di non abbracciarci più, non toccarci più per non causare dolore e malattia alle persone più fragili, ai nostri affetti più intimi. Ciò che per ogni individuo era motivo di gioia a di benessere, abbracciarsi, è diventato l’atteggiamento umano nemico numero uno per noi e per gli altri.
Un essere vivente – invisibile agli occhi – ci ha costretti a rinchiuderci in noi stessi e a cercare appagamento in una nuova quotidianità semplificata, ripulita dal superfluo.
E ci ha responsabilizzati.
Ci è stato chiesto di assumerci la responsabilità dell’altro, congelando le nostre vite per il bene di ciascuno di noi.
Ma non tutti hanno potuto fermarsi.
Sono state usate parole epiche – eroi li hanno chiamati – per raccontare la nuova quotidianità di medici, infermieri, personale paramedico, forze dell’ordine, che in questo imprevedibile pezzetto di storia dell’umanità, che ci troviamo ad affrontare, hanno continuato semplicemente a fare con rispetto, amore e abnegazione il loro lavoro.
E al loro essere semplicemente Umani dobbiamo dire grazie.
Ma dobbiamo dire grazie anche a quanti hanno continuato a fare il loro dovere, nei confronti della società, nei confronti delle loro famiglie e per ciascuno di noi.
Interi settori economici, pur nelle immense difficoltà sanitarie da dovere affrontare, non si sono mai fermati e hanno garantito al resto della popolazione di poter continuare a vivere dignitosamente.
La Gente di mare non si è fermata.
Ha continuato a garantire il traffico commerciale per soddisfare i bisogni essenziali di un mondo in lockdown.
I Marinai di tutto il mondo hanno dovuto affrontare la loro paura del contagio e l’ansia per un futuro su cui si addensano le nubi di una delle più grandi crisi economiche che la storia contemporanea abbia conosciuto. E hanno svolto il loro dovere pur subendo molto spesso condizioni di lavoro ai limiti della normale tolleranza.
E un attimo prima Comandati ed Equipaggi delle navi da crociera in tutto il mondo hanno garantito la sicurezza dei passeggeri a bordo riuscendo a riportare ciascuno di loro, dopo mille travagli e mille rifiuti di approdo da parte di molti paesi, sani e salvi a casa.
Moltissimi Marinai sono ancora adesso a bordo delle loro navi, lontani da casa, in molti casi contagiati, impauriti e soli, in Paesi che presi dalla loro emergenza sanitaria hanno fatto ciò che potevano.
I Marinai di tutto il mondo hanno dovuto vivere in questi mesi una sofferenza amplificata dalla lontananza dalle famiglie e dagli affetti nell’ansia del contagio per se stessi e per i propri cari lontani.
Anche a loro deve andare il nostro grazie, nonostante in molte circostanze il rispetto per la dignità di questa gente coraggiosa e silenziosa sia stato sottoposto a logiche imprenditoriali e affaristiche, che sarebbe forse utopistico sperare di vedere una volta per tutte archiviate, nel tentativo di ritornare a mettere al centro di qualsiasi considerazione politica ed economica l’Essere Umano con tutti i suoi bisogni e il suo sacrosanto diritto a un lavoro dignitosamente svolto.
Grazie a tutti Voi.
Capitano (C.L.C.) Vincenzo Bellomo
Presidente Unione Piloti
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